Il termine "mostarda" fu usato per la prima volta in un testo francese del 1288; già allora il mostum ardens veniva usato per conservare più a lungo possibile la frutta, che veniva immersa in una poltiglia composta da mosto d’uva cotto e farina di grani di senape, poiché si era scoperto che la senape aveva proprietà conservanti. Altre fonti storiche ci riportano agli Sforza e soprattutto ai nobili cremonesi Affaitati, che diffusero con doni e banchetti l’uso di questa prelibata preparazione fra gli aristocratici del tempo.
Il suo scopo è la conservazione della frutta e nel tempo si sono codificate due vie per farlo: quella antica e originaria, basata su una lenta lavorazione della frutta di stagione, messa sotto zucchero per giorni fino a candirla in modo naturale per poi fissarne la conservazione con l’olio essenziale di senape e quella moderna, “alla cremonese”, pratica che risale ai primi del ‘900 quando Enea Sperlari, avvalendosi di strumenti industriali di conservazione e canditura della frutta, trova il modo di conservare interi i frutti delle varie stagioni per poi unirli nella stagione fredda utilizzando uno sciroppo di glucosio e olio essenziale di senape.
La differenza è sostanziale: nel primo caso ( detto “alla mantovana” perché in quella zona, grazie alla presenza di una splendida corte come quella dei Gonzaga, la pratica si era raffinata e diffusa moltissimo) avremo solo mostarda monofrutto o al massimo con qualche varietà fresca della medesima stagione; nel secondo caso, data la possibilità di conservare diversamente la frutta con un procedimento di canditura, avremo la famosa mostarda cremonese con frutti interi e di stagioni differenti, avendo infatti la possibilità di unire le ciliegie ai mandarini, i fichi ai cedri tutti conservati separatamente.
Le due vie della mostarda sono entrambe valide ma portano a gusti differenti: il piacere del commensale è sperimentare gli abbinamenti e scoprire nuove, intense e sorprendenti emozioni gustative.
Il procedimento antico della preparazione della mostarda
La frutta cotta per pochi minuti con lo zucchero viene adagiata in vasche dove inizia il proprio percorso di canditura; giornalmente vengono fatti decantare i pezzi di frutta, grazie ad una griglia, togliendo solo la parte liquida che viene progressivamente concentrata. La ricetta è semplice, il tempo necessario non breve… Questa fase termina quando il prodotto ha raggiunto una gradazione zuccherina di circa 70 gradi. Il momento finale è il più delicato. Si aggiunge il fuoco, il conservante naturale, il sapore di antico: l’essenza di senape. Entra nelle narici, nella testa ed il suo ricordo rimane vivo per molto tempo. Questo effetto, nel gergo locale, si chiama “senavra”.
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All’antica | Alla cremonese |
Mostarda Classica di frutta Mista 380\1000 | Mostarda Cremonese di frutta Mista 380\700\1300 |
Mostarda di Mele e Pere 110\240 | Mostarda Cremonese di Mele 380 |
Mostarda di agrumi 110\240 | Mostarda Cremonese di Clementini 380\700 |
Mostarda di Fichi 110\240\1000 | Mostarda cremonese di Fichi 380 |
Mostarda di Pesche 110\240 | Mostarda cremonese di pere 380 |
Mostarda di Cedro 380 | Mostarda cremonese di Marroni 380\700 |
Mostarda di zucca 110\240 | |
Mostarda di Cipolle 110\240\1000 | Mostarda cremonese di verdure 380 |
Mostarda di ciliegie 110\240 | |
Mostarda di Mele campanine 240 | N.B. Disponibili su richiesta secchielli di cremonese da 3kg nei vari gusti. |
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